lunedì 26 ottobre 2009

Grazie!

di Marco Lamperti

Le ultime quattro ore in Federazione mi han permesso di vedere i dati definitivi di Monza città e della Brianza: Bersani vince anche qui superando il 50%, Franceschini subito dietro e Marino sopra le medie nazionali con il 20% in Monza città e il 17% in provincia.
La partecipazione rispetto al 2007 è aumentata di all'incirca un migliaio di persone a livello brianzolo (siamo a trentamila) e da questo bisognerebbe trarre delle conclusioni che non si riducano a meri festeggiamenti, ma anche alla consapevolezza che gli elettori, forse, si son fiondati alla urne perchè desiderano una svolta nel nostro modo di fare politica.
Domani (che è già oggi) inizia il vero lavoro e non è solo un artificio retorico: tutti coloro che hanno intenzione di realizzare le promesse fatte in questi ultimi due mesi sono chiamati a dare una mano per realizzarli, assieme ai moltissimi sostenitori delle altre mozioni che han già dato la loro disponibilità. Così che siano iniziative di partito e non di corrente. Perchè le correnti mi anche un po' annoiato. Si lavora per il Partito Democratico.

mercoledì 14 ottobre 2009

sabato 3 ottobre 2009

NICCOLÒ, la scuola politica made in Brianza

Spesso si è parlato della necessità di ampliare la conoscenza della politica dei giovani militanti, degli amministratori locali o, semplicemente, di chi aspira a comprendere più a fondo le grandi sfide del nostro Paese e del nostro territorio.
Le scuole politiche hanno occupato nella storia repubblicana un ruolo fondamentale: hanno permesso di informare e formare i cittadini su temi che i media hanno spesso affrontato in modo troppo superficiale e poco professionale, facendo crescere generazioni di persone capaci di analizzare e migliorare le istituzioni del nostro Paese.
Si è pertanto cercato, fin dalla nascita del Partito Democratico, di costruire percorsi che coinvolgessero i nostri giovani iscritti o simpatizzanti; purtroppo, nonostante la buona volontà, numerose esperienze si sono rivelate fallimentari, o perché troppo autoreferenziali, o perché concepite in maniera completamente disorganica l’una dall’altra, o perché più improntate ad essere dei workshop poco produttivi che vere scuole della politica.
Noi abbiamo intenzione di realizzare finalmente un progetto serio e autorevole, che affronti in modo organico e approfondito temi specifici attraverso più incontri con personalità del mondo dell’economia, della politica, dell’imprenditoria e dell’università. Percorsi che non si esauriscano in pochi giorni, ma che si sviluppino nel corso di qualche mese e che vedano una partecipazione diretta di coloro che desiderano prendervi parte.
Una scuola politica che preveda dibattiti e confronti, materiali di riferimento, sviluppo di riflessioni autonome e diverse metodologie di apprendimento che non scadano in incontri di natura prettamente cattedratica.
Pensiamo a un progetto di ampio respiro, che dia a Monza e Brianza la possibilità di divenire un punto di riferimento per l’intera regione in tema di fermento politico-culturale.


Marco Lamperti
Mattia Carzaniga
Giuseppe Civati

mercoledì 30 settembre 2009

di Mattia Carzaniga

Perché forse non lo sapete, ma ai congressi locali del weekend era tutto un tripudio di: «L’importante è che vinca il Pd, chiunque diventerà segretario saremo tutti qui per sostenerlo». Poi il buon Penati dice che ha già vinto Bersani (quindi lui), che Franceschini è un segretario – machedico, un uomo – finito, tutti a casa, non c’è niente da guardare. O almeno da votare. Perché «Bersani ha vinto tra gli iscritti». Che, tanto per dirne una, in Brianza sono appena tremila su ottocentomila abitanti. Comunque, è congenita alla sinistra questa smania di dare addosso al leader (ma mai al “leader preventivo”: questa qualcuno me la deve spiegare). Poi si capisce perché Berlusconi dice con la solita sicumera che resterà tra noi Per Sempre, roba che neanche la coppia più innamorata del mondo si azzarderebbe a dire. Nel frattempo, pare che Franceschini abbia chiamato Veltroni per chiedere lumi su questa faccenda, ma – considerato come sono andate le cose al Walter, a proposito di insostenibile leggerezza – non so che consigli possa dargli. Io, per quel che simbolicamente vale, continuo a sostenere Marino, che a Milano vola. Tra i cavalli grossi dopati per il palio, è come il Mio Mini Pony.
PS: Ovviamente chiunque lo trovi è vivamente pregato di portarmi quel Mini Pony (vedi foto) a Sua immagine e somiglianza. Di Obama, s’intende.

mercoledì 23 settembre 2009

I circoli, per esempio

di Giuseppe Civati

Ieri mattina, a Milano nel circolo Pd Milano Centro, con Sergio Gaudio, nell'ambito della proposta politica della terza mozione, abbiamo presentato il primo documento organico dedicato all'organizzazione e alla forma-partito che sia stato presentato nella lunga stagione congressuale del Pd. Il Pd deve essere un laboratorio politico: è necessario un clima di collaborazione tra la base e il gruppo dirigente, basato sul concetto di relazione e non di gerarchia. Per fare ciò è necessario uno scambio di informazioni tra i circoli, delle buone pratiche da condividere su tutto il territorio nazionale, all’insegna del progetto dei Circoli virtuosi. I circoli devono essere informati e (contro)informati con una puntuale rassegna del materiale prodotto dal partito, banche dati e informazioni di riferimento, raccolte in archivio e messe a disposizione di iscritti ed elettori, sui principali temi di informazione politica. Decisiva è la programmazione annuale delle attività in rapporto agli iscritti e attraverso la quale il lavoro dei circoli andrà valutato. Inoltre l'autonomia finanziaria dei circoli sarà sostenuta da una forte partecipazione ai rimborsi elettorali. Per quanto riguarda gli strumenti, è necessario che circoli e rete web siano complementari, come già avviene per il sito Scelgomarino.info che sta organizzando la campagna congressuale della mozione: un software semplice e innovativo che potrebbe essere immediatamente esteso alla rete dei circoli del Pd. Il Partito per essere strutturato deve essere partecipato, attraverso un regolamento di attuazione dell'art. 28 dello Statuto - che prevede consultazioni referendarie periodiche degli iscritti sui temi di rilevanza politica nazionale e locale - e una Carta della partecipazione, che abbiamo voluto associare alla nostra proposta. Un Partito Democratico che sia strutturato, partecipato, aperto, che si misuri con gli aderenti e gli elettori, autonomo economicamente, pronto al ricambio e alla mobilitazione. Un partito, quindi, a misura di elettore. Qui la proposta, qui la sintesi.

mercoledì 9 settembre 2009

lunedì 7 settembre 2009

L'errore di Dario

di Giuseppe Civati

Dario Franceschini risponde alla proposta del vostro affezionatissimo ricordando che i tre candidati si confronteranno l'11 ottobre e che non è necessario incontrarsi prima. Non ci volevo credere, quando l'ho saputo, perché stimo Franceschini e non mi sarei mai aspettato una risposta così sbagliata e, dal momento che Dario è segretario nazionale in carica, assai poco 'generosa'. Per prima cosa, non è vero quanto dice Franceschini: l'11 ottobre, alla fine della prima fase congressuale, i tre candidati parleranno uno per ciascuno, senza confrontarsi. In secondo luogo, l'11 ottobre è quasi una provocazione, perché è con tutta evidenza troppo tardi (un 'confronto' a giochi fatti, insomma). Infine, segnalo a Dario Franceschini che tutti i dirigenti del Pd si stanno confrontando, in incontri a 'tre', in ogni Festa, in ogni Federazione e in ogni circolo del Paese. Non capisco perché quello che vale per tutti non debba valere per i tre candidati (a Livorno, per dirne solo una, ho dovuto presentare il mio libro con il contributo, chiamiamolo così, degli esponenti delle altre due mozioni, perché da solo non era concepibile che lo presentassi: per la par condicio ho chiesto agli altri di pubblicarne uno...). Trovo sbagliato che proprio il segretario nazionale non comprenda l'importanza di un confronto che, proprio perché è un confronto e non una messinscena, si deve svolgere prima che si siano svolti tutti i congressi nei circoli. Proprio da chi si appella in continuazione all'unità del partito, mi aspettavo che questa unità la si volesse anche praticare, soprattutto se l'invito è costruttivo e disinteressato come quello che avanzavo. Una piazza a Firenze, una domenica di settembre, poteva essere il passaggio qualificante della nostra campagna congressuale, in cui confrontare le tre diverse posizioni, i tre diversi approcci, le tre diverse personalità in campo, in un partito che - come ci ricorda lo stesso Franceschini ogni volta che può - dopo il 25 ottobre dovrà essere unito e collaborativo. Peccato non lo possa essere anche prima. Per quanto mi riguarda, continuerò a sollecitare questo momento di confronto, augurandomi che - dopo Marino, che ha raccolto e rilanciato - anche Bersani intenda dire qualcosa. Perché fa un po' sorridere che poi, nelle varie campagne elettorali, noi si stigmatizzi chi non accetta il confronto. Questione di credibilità, diciamo di solito. Evidentemente quello che vale 'fuori', non vale 'dentro'. Peccato, davvero (che abbreviato, poi, sarebbe: Pd). P.S.: siccome delle mie proposte si parla solo sulla rete, perché i giornali (che pure difenderemo fino alla fine) parlano solo dei 'soliti', chiedo gentilmente a chi è d'accordo di riprendere il messaggio dove può.

sabato 5 settembre 2009

A Firenze, una piazza per un Congresso sincero


Questa mattina ho avanzato una proposta, per rilanciare il dibattito congressuale, che per ora non ha mai visto confrontarsi direttamente i tre candidati (se non al Lingotto, il 27 giugno scorso, prima dell'avvio della campagna congressuale, e all'Aquila, dove fu il vostro affezionatissimo a rappresentare la terza mozione in occasione del g1000 promosso da Michele Fina). Così la riporta l'Ansa: «Un confronto diretto tra i candidati alla segreteria del Pd, Pier Luigi Bersani, Dario Franceschini e Ignazio Marino a Firenze il 20 settembre. È la proposta del 'piombino' Giuseppe Civati, fatta nel suo intervento all'Assemblea dei Mille in corso oggi a Roma. Civati propone «un confronto sincero tra tre candidati alla segreteria dello stesso partito, che si sono confrontati solo al Lingotto il 27 giugno scorso, prima dell'avvio della campagna congressuale in una piazza cittadina, non metaforica, ospiti di un sindaco giovane e innovativo, in una domenica di settembre». «Una proposta - aggiunge - per far crescere in qualità il dibattito e aprirlo all'interlocuzione con il Paese, lontani dal politicismo che ancora ci affligge».

giovedì 3 settembre 2009

Riunione dei sostenitori della mozione Marino

E' convocata una riunione dei sostenitori della mozione di Ignazio Marino per

LUNEDI' 7 SETTEMBRE - ore 21,00

VIA AROSIO 6 (stazione FS ) - MONZA

Oltre alla costituzione del Comitato per Marino in Brianza, discuteremo di tutti gli aspetti politici ed organizzativi per consentire, anche nel nostro territorio , un buon risultato ad Ignazio Marino.

Una fascetta rossa per la libertà di informazione

Con una fascetta rossa al braccio, a partire da oggi, Ignazio e i suoi sostenitori manifesteranno a favore della libertà di stampa. La scelta del simbolo richiama la storica striscia di colore rosso che incornicia la prima pagina del quotidiano L’Unità, gravemente attaccato dal Presidente del Consiglio che, dopo essersi scagliato contro Repubblica, El Pais e il Nouvelle Observateur, cita ora in giudizio e richiede due milioni di euro di risarcimento per diffamazione alla testata fondata da Antonio Gramsci, cifra che porterebbe alla chiusura del giornale.
L’azione del capo del governo, volta a intimidire gli organi informativi, costringe a ribadire che la libertà di stampa non è un accessorio della democrazia, ma la sua sostanza e che essa rappresenta un valore fondamentale garantito sia dalla Costituzione italiana che dalla Carta Europea per la libertà di stampa.
L’iniziativa della fascetta fa da volano alla manifestazione organizzata a Roma per sabato 19 settembre che invita alla mobilitazione in difesa della libertà di informazione alla quale, ovviamente, Ignazio parteciperà.
Mettete anche voi una fascetta al braccio, sugli abiti, sulle finestre, in ogni luogo pubblico e privato. Esponete il simbolo sui blog e i social network. Inviateci, inoltre, da oggi al 19 settembre, le vostre foto con la fascetta rossa all’indirizzo campagna@ignaziomarino.it e verranno pubblicate sul sito!

martedì 1 settembre 2009

Maria Berrini presenta la mozione Marino

Confronto delle tre mozioni

Mozione MARINO presentatore Cons. Reg. Maria BERRINI

Mozione Bersani presentatore on. Antonio Misiani

Mozione Franceschini presentatore on. Enrico Morando

Venerdì 4 settembre
Binario 7, via Turati - Monza

domenica 9 agosto 2009

Marino lancia la sfida ai due rivali

da Repubblica.it

Un'altra lettera, ma questa volta del suo maestro in chirurgia e fondatore del centro trapianti di Pittsburg Thomas Starzl, che lo incoraggia ad andare avanti. Ignazio Marino, il chirurgo-senatore, terzo candidato leader del Pd, della campagna scatenata contro di lui per presunti rimborsi gonfiati di cinquemila euro (che è andata avanti a colpi di missive e di fax), non vuole più parlare. "Mi ha amareggiato, ferito tutta la storia. Non ho niente da rimproverami. Ora sono partite le mie denunce".

Ma lei, senatore Marino, ha pensato a una campagna manovrata?
"Beh, il Giornale mi ha dedicato la prima pagina accusandomi tra l'altro di eutanasia. Sono contro l'eutanasia. Solo chi è incapace di riflettere può confondere l'eutanasia e la battaglia per la libertà di scelta delle cure mediche. Se ne discuterà in tribunale. Piuttosto parliamo della mia mozione e di contenuti pre-congressuali".

Appunto. Il dibattito in vista del congresso di ottobre sembra impoverirsi ogni giorno che passa. Diventa scontro tra big e conta interna. Brutto clima nel Pd?
"Tra di noi, nella nostra mozione il clima è bello. Abbiamo scelto i candidati segretari nelle regioni con un metodo che parte veramente dal basso, dalle consultazioni con gli elettori e gli iscritti. Devo ringraziare soprattutto Michele Meta, e Pippo Civati e Sandro Gozi. Sono contento che molti dei candidati regionali vengano dalla società civile".

Ma le stilettate tra gli sfidanti - Franceschini, Bersani, e lei - e i "grandi elettori" - Fassino, Veltroni, D'Alema, Rutelli, Bindi, Letta - sono continue.
"Per questo la mia parola d'ordine è: restare fuori dallo scontro. Basta a un dibattito un po' sterile. A Franceschini e Bersani propongo un faccia a faccia sui contenuti. Non voglio fare polemiche, ho giurato a me stesso che piuttosto mi taglio la lingua".

I contenuti. Spesso le distinzioni tra gli sfidanti sfumano.
"Le nostre scelte sono chiare. I temi che ci interessano sono il lavoro, la sostenibilità ambientale, la crisi economica che mette in ginocchio il paese, il conflitto d'interessi. Sul lavoro. La flessibilità è in parte ormai inevitabile ma affrontiamola con razionalità, prevedendo un contratto di lavoro unico con salario minimo garantito. Sul nucleare, un no netto. Bisogna attivare investimenti e puntare sulle energie rinnovabili. Vedere più in là del nostro naso e fare un piano scuola che promuova la cultura della sostenibilità ambientale fin dalle classi elementari".

Lei, medico e cattolico, in prima linea nelle battaglie bioetiche, è stato indicato come lo sfidante-testimonial di laicità. Non è un po' poco per candidarsi a segretario?
"Questa è stata una forzatura dei media. La laicità è un metodo, non un obiettivo, significa affrontare le questioni nell'interesse generale, non pensando di possedere la verità, avendo umiltà e intelligenza. E quando si chiude un dibattito e si è presa una decisione, ci si deve sentire vincolati e sostenerla con lealtà".

Sul testamento biologico, il Pd ha preso una posizione.
"È passata la linea prevalente, se si fosse invece votato ci sarebbe stata una decisione a maggioranza. Sui respingimenti degli immigrati, per fare un altro esempio. invece di una proposta comune, i leader storici hanno espresso tre visioni diverse".

Tutti voi candidati leader del Pd giurate ora che risolverete il conflitto d'interessi.
"Ce lo portiamo dietro da anni. Questo impedisce che ci sia un'informazione libera e plurale e il centrosinistra deve smettere di stare al gioco perché poi ci viene concesso di nominare il direttore di una tv pubblica. Tra vent'anni la tv sarà una piccolissima parte del nostro modo di comunicare, dobbiamo cominciare stabilire sin da ora regole chiare per non trovarci in nuovi e più complessi conflitti d'interessi".

Scommetta su se stesso. A quanto si dà alle primarie?
"Oltre il 51%".

Non è realista, gli apparati del partito sono contro di lei.
"Ne riparliamo il 26 ottobre. So che tra gli iscritti io sono in minoranza, ma questi sono 800 mila e se alle primarie andassero a votare quattro milioni di italiani, ce ne sono tre milioni e 200 mila da conquistare".

Tuttavia, se nessuno di voi tre avrà la maggioranza, e si torna a decidere nell'assemblea, lei sarà ago della bilancia a favore di Bersani?
"Non siamo merce di scambio. Fisseremo otto punti irrinunciabili e decideremo come votare".

Ci sarà una lista dei girotondi per Marino?
"Avremo un'unica lista con tutti quelli che ci sostengono".

mercoledì 5 agosto 2009

La scelta è fatta

di Gimmi Perego

Bene, grazie ad una email del nostro ottimo Sergio del PD di Monza, rimbalzata da Giorgio a tutti gli iscritti del Circolo 6 (ma ci daremo un nome, prima o poi?), mi sono ritrovato a disposizione le tre mozioni congressuali di Bersani, Franceschini e Marino.

Neanche la fatica di fare il download.
Che comunque puoi fare dal sito del Partito Democratico qui.

Ora però la fatica è quella di leggere 14 + 40 + 26= 80 pagine e di trovare i punti salienti che ho indicato nel mio articolo sulla scelta: no alle centrali nucleari, si ad ambiente, legalità, ed alleanze coerenti.

Ma visto che sono un informatico, ne uso gli strumenti, per la precisione il comando Trova.
In rigoroso ordine alfabetico, cominciamo l'analisi con la parola nucleare:

Bersani:

Non trovato

No comment!

Franceschini:

No al nucleare del passato, pericoloso e costosissimo.

Secco, preciso, ma lascia qualche spazio aperto con quel "del passato"...

Marino:

Contrastare il nucleare, pur continuando la ricerca, sostenendo un piano energetico nazionale che punti su efficienza energetica (anche attraverso incentivi e disincentivi fiscali per quanto riguarda i processi produttivi), un mix di energie rinnovabili e mobilità sostenibile.

Articolato, condivisibile quando lascia aperta la strada della ricerca, e dopo il no passa giustamente alle proposte alternative.

Ora proviamo con la parola ambiente:

Bersani:

Noi siamo un partito ambientalista perché siamo consapevoli che la Terra è una sola. Il rispetto per l’ambiente è il rispetto che dobbiamo alla nostra stessa casa. Non crediamo che sviluppo e ambiente siano fra loro alternativi: al contrario, l’ambiente è una risorsa essenziale per la crescita sostenibile, per l’innovazione e il ripensamento dei modelli di consumo.

Coglie il centro della questione, d'accordo, ma lascia questa affermazione un po' isolata.

Franceschini:

L'Italia è la risorsa dell'economia italiana. Difenderla dalla devastazione e dal saccheggio è come per l'economia di un paese arabo tutelare le proprie risorse petrolifere. Anche per questo valorizzare e investire sull'ambiente e l'economia verde deve essere la nostra priorità. La green economy sarà nel prossimo decennio ciò che è stata la rivoluzione informatica negli anni 80, il nuovo motore dell'economia mondiale.

Futurista, ottimista, ma diciamolo, un po' superficiale.

Marino:

La nuova energia dell'ambiente (è il titolo di un capitolo).
Convertire l’Italia allo sviluppo ecologico, dell’economia e della vita sociale, in particolare di quella cittadina. Contrastare il nucleare, pur continuando la ricerca, sostenendo un piano energetico nazionale che punti su efficienza energetica (anche attraverso incentivi e disincentivi fiscali per quanto riguarda i processi produttivi), un mix di energie rinnovabili e mobilità sostenibile. Rafforzare gli incentivi per la riduzione di emissioni inquinanti (all'insegna del “cap and trade”), adottare la carbon tax, ridurre l’Iva sui prodotti ecologici, tassare le auto maggiormente inquinanti. Promuovere un consorzio energetico solare tra i paesi del Mediterraneo, così da creare un nuovo rilevantissimo giacimento energetico rinnovabile. Investire sulle nuove tecnologie: eolico d’alta quota, solare a concentrazione, produzione di energia dagli scarti dell’agricoltura (biomasse), energia geotermica di terza generazione. Darci un ordine di priorità nel trattare i nostri rifiuti: prima riusare, poi riciclare, quindi trattare con tecniche innovative al fine di ridurre al massimo la parte residua da incenerire, costruendo un avvicinamento graduale all’obiettivo “rifiuti zero”. Istituire una legge sul regime dei suoli che imponga ai Comuni una contabilità degli usi dei suoli e che sganci la fiscalità locale dal consumo del territorio, trasferendo gli interventi edilizi verso le ristrutturazioni e degli adeguamenti energetico-ambientali degli edifici già esistenti. Promuovere un sistema degli appalti verdi in tutte le forniture della Pubblica Amministrazione e un piano scuola nazionale, per mettere in sicurezza le nostre scuole, per promuovere tra i giovanissimi la cultura della sostenibilità e dare impulso all’edilizia di qualità. Orientare in modo diverso la nostra mobilità, dalla gomma al ferro, e promuovere l’intermodalità. Spostare verso le città il livello delle strategie di contrasto dei cambiamenti climatici, di riduzione dell’inquinamento e di razionalizzazione dei processi di produzione e consumo di energia: verso le città e verso i comportamenti di individui e famiglie che con le loro azioni contribuiscono in maniera sempre più significante ai bilanci energetici e ambientali.

Poca teoria, molta prassi: come dando per scontata la scelta ambientalista.
Segue un diluvio di proposte, molto interessanti. Soprattutto la legge sul regime dei suoli, per contrastare il consumo di territorio.

Tocca ora a legalità:

Bersani:
Legalità è democrazia.
C’è in Italia una crisi di legalità che erode le basi dell’organizzazione civile. Parte del territorio è presidiato dalle mafie, settori dell’economia sono intrecciati con la criminalità; l’abusivismo continua a sfigurare il Bel Paese, i diritti spesso diventano favori; continua l’odiosa violenza contro le donne, il lavoro nero cancella l’uguaglianza e, troppe volte, la vita; imprese e cittadini spesso non possono contare in tribunale sul giusto risarcimento di un danno subito. Se a tutto ciò aggiungiamo le attività criminali legate all’immigrazione irregolare, è facile comprendere perché esploda l’insicurezza dei cittadini, e soprattutto dei ceti più disagiati, costretti a pagare il prezzo dei nuovi venuti, oltre a quello più pesante della crisi, senza vederne alcun vantaggio. La legalità deve garantire la sicurezza, la prevenzione e il contrasto di fenomeni criminali che ostacolano la convivenza civile e alimentano le paure. Su questi temi possiamo passare all’attacco. Il centrodestra, infatti, agita il problema della sicurezza, ma aggrava ogni giorno la crisi di legalità con i condoni. Per proteggere il suo leader non esita a indebolire gli strumenti di controllo dei corpi dello Stato. La legalità non ha a che fare con il colore della pelle, e neppure con il taglio dell’abito. O è per tutti, oppure non è legalità. Noi crediamo che la legge debba essere uguale per tutti: per i ricchi e per i poveri, per gli italiani e per gli stranieri, per i giudici e per i politici, per chi è famoso e per chi non lo è. La domanda di sicurezza va presa sul serio, con una strategia coerente attenta a favorire la libertà invece di soffocarla, a creare un sistema moderno di certezze e di garanzie giuridiche, ad accrescere la convivenza civile. Vogliamo progettare la sicurezza mettendo a fattor comune le diverse risorse istituzionali e sociali, forze di polizia, magistratura, enti territoriali, polizie locali, associazionismo civile e servizi alla persona, assicurando la qualità del lavoro svolto dagli operatori pubblici che hanno il dovere di tutelare la comunità. Per realizzare le riforme abbiamo bisogno non soltanto dell’efficienza, ma anche del buon nome della pubblica amministrazione. Che si ottiene, come per le politiche industriali, attraverso meccanismi permanenti di riforma nelle molte e diverse strutture pubbliche, con strumenti efficaci di valutazione dei risultati e coraggiosi ripensamenti dell'organizzazione del lavoro, anche utilizzando l'occasione delle nuove tecnologie. La destra preferisce insultare la pubblica amministrazione, senza riformarla. E quale credibilità può avere il governo delle leggi ad personam per chiedere ai dipendenti pubblici di essere irreprensibili? Una riforma sana e virtuosa dell’amministrazione comincia dall’alto, con il buon esempio della politica. È una sfida anche per noi. A cominciare dai costi della politica che devono essere equiparati ai costi medi nei principali Paesi europei. Il Pd ha il compito di dare al Paese una classe politica di alto profilo morale, sobria nei comportamenti, animata dallo spirito di servizio e di rispetto per le istituzioni e la comunità. Ci sono nel territorio molti nostri giovani amministratori, cresciuti con questo impegno, da promuovere e da valorizzare.
Molto ben fatto. Centra ottimamente la relazione tra legalità e sicurezza che è fondamentale in tutto il paese. E mi piace molto, quando propone di contrattaccare, ma non imitando la destra, anzi.

Franceschini:

No a tutte le forme di illegalità ambientale, cominciando da una lotta senza quartiere alle ecomafie e dall'inserimento dei reati ambientali nel codice penale. [...] L'applicazione rigorosa delle regole è il presidio della legalità e del contrasto alla criminalità organizzata che uccide le potenzialità straordinarie di interi pezzi del Paese. [...]
[Il Mezzogiorno] non ha bisogno di assistenza o di aiuti generici ma richiede risorse per ridurre il divario infrastrutturale, per sostenere le imprese che investono, per colmare i ritardi del sistema formativo e, soprattutto, per vincere la battaglia nazionale per la legalità e contro le mafie.

Ancora secco, preciso, ma un po' frammentario.
Non sono d'accordo quando riduce il problema della legalità al Mezzogiorno.

Marino:

Vogliamo un Paese con un forte senso di legalità, rispettoso delle regole, consapevole dell’importanza dei doveri di ciascuno. Vogliamo un Paese sicuro in ogni senso: sicuro sul lavoro, sicuro per le strade, sicuro nelle città, che garantisca la sicurezza dei propri cittadini attraverso una protezione civile che lavori per prevenire e minimizzare le conseguenze delle calamità naturali e non solo per gestirne le conseguenze. Un Paese dove la giustizia sia efficiente, rapida e uguale per tutti. Un Paese in cui viga la certezza della pena e che rispetti la dignità dei detenuti. Un Paese libero dal cancro della criminalità organizzata, dal fardello dell’evasione fiscale, dalla corruzione, dall’inquinamento e dai rifiuti. Che tuteli con determinazione il paesaggio e il territorio, le sue bellezze artistiche e naturali e la sua eredità culturale, unica in tutto il mondo. Vogliamo un Paese che si prenda cura dei più deboli, che sostenga chi è in difficoltà. Un Paese in cui ci si prenda cura di coloro che hanno meno, dove il benessere della comunità sia misurato sul benessere degli ultimi.

Anche Marino centra bene il rapporto tra legalità e sicurezza, ma non approfondisce e, molto pragmaticamente, passa subito a fare proposte, anche se teoriche.

Per il futuro, in concreto, vediamo cosa propongono le mozioni riguardo alle alleanze:

Bersani:
La vocazione maggioritaria non significa rifiutare le alleanze, ma, al contrario, renderle possibili, perché costruite nella chiarezza, sulla base di vincoli programmatici. Non consiste nell’autosufficienza, ma nella capacità di ritrovare una funzione di rappresentanza popolare, e nell’impegno ad elaborare un progetto di governo che convinca il Paese. Non possiamo più confondere il bipolarismo, che è una conquista della nostra democrazia, con il bipartitismo, che non ha fondamento nella realtà storica, sociale e politica del Paese. Il primo banco di prova verrà dalle elezioni regionali del 2010. Sarà necessario sperimentare su basi
programmatiche larghi schieramenti di centrosinistra, alleanze democratiche di progresso alternative alla destra. Il nostro impegno comincia ora. I tanti italiani delusi da Berlusconi devono trovarci pronti, quando si volteranno dalla nostra parte.
Ok, abbiamo capito. Viva l'Unione.
Ma possibile che l'esperienza non abbia insegnato nulla?

Franceschini:

Vogliamo tornare a vincere e quindi sceglieremo la strada delle alleanze anche per il governo nazionale, come abbiamo fatto nei comuni e nelle province e come faremo il prossimo anno nelle regioni. Ma dobbiamo dire con chiarezza che non torneremo a quella stagione delle coalizioni frammentate e litigiose, costruite con l'unico collante del nemico. Quel tipo di coalizione che ha sempre colpevolmente coperto la qualità dell'azione dei governi di centrosinistra. Formeremo una alleanza che dia agli italiani la garanzia di un programma condiviso e realizzabile. Credibile non solo per vincere ma anche per poi riuscire a governare. E difenderemo i principi del bipolarismo e dell'alternanza tanto faticosamente conquistati. Non torneremo indietro, ad un centro-sinistra col trattino, basato su una divisione di compiti nel raccogliere consenso o nel rappresentare pezzi di società e che circoscriva la nostra capacità espansiva. Solo ipotizzarlo significa dichiarare fallita l'esperienza del Pd, che è nato proprio sul superamento di quella divisione di compiti e significa non avere capito che quello schema si trascina forse in pezzi di classe dirigente ma non esiste più da tempo nel nostro popolo. Un unico popolo fin da prima che nascesse il Partito democratico.

Sembra scritto apposta per distinguersi da Bersani, o viceversa. Sono sicuro che sui media si scateneranno le polemiche sul binomio bipolarismo/bipartitismo, confondendo le idee a tutti i non addetti ai lavori.
Comunque mi sento molto vicino a questa voglia di credibilità proposta da Franceschini, dopo le troppe brutte figure degli anni scorsi.

Marino:
Promuovere nuove alleanze su grandi priorità comuni per l’Europa: la nuova “Alleanza Progressista dei Democratici e dei Socialisti” a cui il PD ha dato vita al Parlamento Europeo non è un punto di arrivo, ma un punto di partenza per costruire un nuovo schieramento progressista e democratico in Europa e una nuova internazionale democratica, nel mondo. [...]
Un partito che guardi all’esterno, che si prenda cura degli elettori di tutto lo schieramento progressista, che apra con loro un confronto, che miri a rappresentarli il più possibile. Un partito che abbia un forte respiro maggioritario, che costruisca le proprie alleanze a partire dal proprio profilo e da quello che vuole per il Paese, non in base alla convenienza elettorale o al mero esercizio politicista di cui abbiamo avuto fin troppi esempi in questi anni. Un partito che non vuole ridurre le proprie ambizioni e la portata del proprio progetto. Un partito che sia ancora convinto che è necessario aprire un lungo ciclo riformista in Italia, e che intenda stabilizzare il bipolarismo. Un partito che voglia restituire dignità alla politica.
Mi piace l'idea del partito che si prenda cura degli elettori.
Marino mi sembra in questo caso sulla stessa linea di Franceschini, o viceversa.

Bene, e allora? Riassumendo.

Sul nucleare e sull'ambiente Marino non ha rivali.
Sulla legalità, sinceramente, l'analisi di Bersani è la più convincente.
Sulle alleanze sia Marino che Franceschini mi sembrano molto vicini a quello che penso.

Naturalmente è importante sottolineare la grande carica di rinnovamento, che a partire dai Piombini ed a seguire al Lingotto, si è concretizzata nella candidatura Marino, supportata da Giuseppe Civati, che conosco ed apprezzo da molto tempo.

Ho già scritto che le persone mi appaiono tutte ottime, ognuna con le sue caratteristiche e diversità, quindi penso e spero che il congresso sappia ragionare sulle idee, in un clima di civile competizione.

Ma viata l'analisi appena svolta in questo articolo, io sostengo Ignazio Marino.

giovedì 30 luglio 2009

Sempre la solita musica

di Mattia Carzaniga

Il Pd è troppo importante. Dobbiamo restare uniti, nonostante tutto e tutti. Echeggiano parole solenni alle prime presentazioni “interne” delle tre mozioni (qualcuno li chiama «forum dei circoli»). Passaggi inevitabili, certamente. Eppure la sensazione è che il clima sia già molto viziato. Le regole del congresso, più complicate di un «Quesito con la Susi», servono a riempire le serate di “autocoscienza” degli iscritti, tanto c’è tutto il tempo per dimenticarle durante le ferie d’agosto, e riprenderle poi a settembre, sempre la solita musica. E il dibattito sulle tre mozioni sembra solo un pretesto per disporre già le diverse tifoserie, pronti per la conta di fine ottobre. Tutto è interno, ma in senso stretto. E il primo ricambio che non c’è è quello d’aria. La sbandierata partecipazione cede il passo a modalità vecchie, il franco confronto nella famigerata “Base” soccombe all’agenda polemica dettata dalla stampa. Per dirne una, c’è chi domanda cosa dicano le tre mozioni a proposito di Di Pietro, perché ormai è su questo che si fondano i programmi di partito. Sarà il caldo estivo e il richiamo delle spiagge, ma anche gli iscritti sembrano andare un po’ alla cieca. Io, si sa, sostengo la famosa terza via. Come segno, soprattutto. Non penso ci sia nulla da perdere, in questo momento. Mentre le parole, le stesse, sono lì, incantate. Tra i fumi delle salamelle e una mazurka che arriva da lontano. Sempre la solita musica, già.

lunedì 27 luglio 2009

Intervento di Pippo a Milano



E-mozioni ad Arcore

Pippo Civati presenta la mozione Marino alla festa democratica di Arcore.

GIOVEDI 30 LUGLIO ALLE 21:00
via Monte Rosa - Arcore

venerdì 24 luglio 2009

I sottomarini

di Giuseppe Civati

Quello che ho cercato di dire oggi a Milano, in occasione della presentazione della candidatura di Ignazio Marino e del progetto politico che lo accompagna.

Forse qualcuno li prenderà per sogni di mezza estate, ma noi desideriamo cambiare. E, per farlo, dobbiamo cambiare prima di tutto le parole della politica italiana, almeno le nostre. Non più «posizioni prevalenti», ma decisioni. Non più tatticismi, politicismi, caminetti, ma occasioni di dibattito e di confronto. Non più esempi negativi, ma esempi e basta, nei quali finalmente riconoscerci. Desideriamo non parlare più della divisione tra partito e società civile, come se noi oggi fossimo società civile fino alle sei del pomeriggio e poi diventassimo partito dalle 18 in poi. Non desideriamo più frasi drammatiche che nascondono una certa debolezza e portano anche sfortuna. Come «o si cambia, o si muore» e, siccome si cambia poco, si tende poi a morire. O a pensare che il 26% “tutto sommato” vada anche bene. Tutto sommato, appunto: i conflitti, le correnti, le divisioni, le tele di Penelope che produciamo in batteria, lo scaricabarile, lo scaricasegretario, lo scaricapartito. Tutto sommato. Un continuo rimproverarsi errori a vicenda, quando tutti ne sono più o meno responsabili. Mettiamo tra parentesi tutto questo. E non drammatizziamo il cambiamento, pratichiamolo. Una buona volta. E, allora, chiudiamo gli occhi e proviamo a pensare al Pd come il Pd non è mai stato. Un partito autorevole, che ascolta tante voci e poi ne ha una sola. Che interviene puntualmente e con precisione. Un partito che è vicino, prossimo alla vita delle persone: quando le persone parlano di sicurezza, non divaga, non si abbandona a strani giri di parole, sa che cosa dire sulla sicurezza; quando si tratta di scelte economiche ha una posizione chiara, immediatamente comprensibile; quando progetta il futuro, questo futuro lo vede. E lo sa raccontare. Un partito che non parla d’altro, un partito contemporaneo, che discute e affronta i problemi del suo tempo. Un partito orgoglioso e ambizioso, che guarda allo schieramento del centrosinistra nella sua interezza, a tutti quegli elettori che si sentono persi, traditi, a tutto il campo di quella che fu l’Unione, perché riconoscano nel Pd la soluzione che cercavano alla frammentazione e alle nostre divisioni ormai proverbiali. Un partito che si rivolga agli elettori, prima che alle segreterie di partito. E che solo su questa base avvii una politica di alleanze sostenibili e credibili, in cui ci si chieda sempre: mi alleo volentieri, ma per fare che cosa esattamente? Per cambiare questo Paese o per conservarlo così com’è? Perché altrimenti non ci capiamo più e non ci capisce più nessuno. Un partito che guarda al Paese nella sua complessità. Con un respiro maggioritario e un sospiro (che vi assicuro essere altrettanto maggioritario) ogni volta che vede atteggiamenti di chiusura e di retroguardia nel centrosinistra italiano. In queste ultime settimane, abbiamo visto il partito degli «appartati», più che quello degli apparati, «appartati» che fanno poche tessere o ne fanno troppe. E nessuno li ferma o li sollecita, a seconda dei casi, senza capire che così facendo perdiamo credibilità. Un partito dove qualcuno dice se ne andrà se vincerà Marino, mentre noi desideriamo un partito in cui si rimane anche se vincono gli altri. E a chi ha qualche nostalgia, vorrei dire che la sinistra, lo schieramento progressista, lo spirito dell’Ulivo non sono dati una volta per tutte. Non è soltanto una tradizione, deve misurarsi con le sfide nuove. Non è una ricetta sempre valida, è una posizione da verificare con il mondo che cambia e da mettere in pratica con gli strumenti di oggi. Per questo desideriamo un partito intelligente che non vive di conflittualità, ma sa coniugare rete e territorio, bocciofile e web, circoli e associazioni. Un partito informato, inserito, esemplare. In cui si sappia dove vanno a finire i soldi del rimborso elettorale, in cui si sa chi è tesserato, in cui si sa chi vota alle primarie. E in cui siamo finalmente chiamati a decidere, perché non è mai successo. Cose così. Desideriamo un partito che accorci le distanze. Che faccia cose comprensibili a tutti, che parli al Paese ogni volta che prende parola. Sempre. Un partito non di gerarchie, ma di relazioni e di rapporti. Che il candidato sindaco si decida nella città nella quale si candida e non a Roma (a Milano ne sappiamo qualcosa), che le scelte si facciano con le persone competenti (e non importa se vengono dai Ds o dalla Margherita, da Bersani o Franceschini), che la qualità sia riconosciuta e premiata. Sempre. Non un partito di pochi, ma un partito aperto sulla società, che ha l’unica preoccupazione di rappresentarne le forze più vive e responsabili. Un partito strutturato, certo, ma partecipato. Perché le due cose devono andare sempre insieme, perché il modello dei tempi che furono va aggiornato, perché le cose buone di una volta vanno declinate con le modalità rinnovate di una società profondamente cambiata. Per questo dobbiamo saper vedere i cambiamenti, esserne parte, orientarli verso il meglio e il più opportuno. Saper vivere d’anticipo sui tempi a venire, come diceva qualcuno. E possiamo farlo, questo scatto in avanti, perché siamo liberi. Perché non ci preoccupa il «da dove veniamo», gli ex, il «com’eravamo», ma che cosa abbiamo da dire. E non sprechiamo un giorno di più a parlare di provenienze, ma ci occupiamo di quello che succederà da oggi in poi. A noi piace la libertà, dalle corporazioni, dalle posizioni di partenza, dai condizionamenti e dal potere costituito. Dal «sempre uguale, sempre quello», come se fossimo condannati a un destino declinante e triste. A noi piace la chiarezza, la precisione, la responsabilità, la credibilità: come il sole a mezzogiorno, dice quella canzone, senza più nessuna ombra intorno (nemmeno le ombre del governo ombra…). Perciò, certo, ci rivolgiamo inevitabilmente ai delusi dal Pd, che spesso sono stati gli entusiasti della prima ora. E vogliamo riprendere con loro un sentiero interrotto. E ci rivolgiamo anche agli astensionisti di questo congresso, per convincerli a partecipare, a votare, a intervenire nel confronto congressuale, con i loro dubbi, con le loro perplessità, con la loro voglia di contribuire alla costruzione del Pd. Vogliamo guardare l’Italia. Dal punto di vista dei cittadini. Dal punto di vista dei cittadini, indagare la trama stessa delle questioni che riguardano l’Italia, i suoi ritardi e le sue potenzialità. Senza infingimenti, senza convenienze, senza il conformismo che attanaglia il nostro Paese e qualche volta (più di una volta) anche il nostro partito. Desideriamo saper rispondere alle domande, perché sappiamo prima di tutto farci le domande in modo corretto. Desideriamo una politica di verità perché, come dice Zapatero, la verdad en democracia siempre se abre camino, siempre. Noi non vogliamo l’anti-berlusconismo, desideriamo proprio un’altra cosa, un’altra Italia, un altro governo. Un’altra politica del Pd e del centrosinistra. Un’alternativa secca, radicale e però capace di trovare consenso, di accompagnare il Paese verso obiettivi più seri, ragionevoli e concreti. Facendo crescere questa esigenza di cambiamento, senza pensare di poterla imporre a un paese fin troppo frastornato, stanco e deluso. Che ha poca fiducia nella politica: una politica che deve prima di tutto cambiare se stessa, se vuole cambiare l’Italia. «È un lavoro duro», ma qualcuno lo deve pur fare e non capisco a cosa serva un partito democratico, se non a fare questo. Se si parla di piano casa, la nostra non è una semplice opposizione, dobbiamo avere un nostro piano casa che non prevede la distruzione del territorio italiano o gli affari facili per gli speculatori, ma la possibilità che tutti abbiano un alloggio, con una nuova politica degli affitti, un piano straordinario per l’edilizia residenziale pubblica, l’adozione di nuovi modelli di housing sociale. Per sperimentare la convivenza in una società trasformata, per reinventare i luoghi in cui persone diverse si incontrano, lavorano, portano i bambini all’asilo, pregano, insomma: vivono. Se c’è un abnorme pacchetto sicurezza, noi avanziamo il «pacchetto integrazione» che parla di regole e di rispetto, di programmazione dei flussi, di rapporti con i Paesi da cui queste persone provengono perché l’Italia non ha una politica per l’integrazione e questo è un ‘caso’ su cui il Pd si deve attivare. Perché non c’è bisogno di respingimenti o ronde democratiche (le rondem, una specie di nuova corrente circolare e, soprattutto, uniforme), ma di un lavoro serio e consapevole, che prenda sul serio la paura e sappia proteggere le persone e fargliela passare, quella paura. Che intervenga contro il degrado delle nostre città, che dia più ‘forza’ e ‘ordine’ alle forze dell’ordine e il rispetto delle regole da parte di tutti. E che, però, preveda la cittadinanza ai nati in Italia e rilanci sul versante della crescita culturale di questo Paese, come cerca di fare, tra mille difficoltà e spesso in solitudine, il mondo della scuola. E ci vorrebbe don Milani anche nella società delle tante culture e delle differenze ancora più sensibili a darci qualche indicazione in più. Se c’è il porcellum, non ci adattiamo, no, noi ci battiamo con tutte le forze per un nuovo sistema elettorale. Una nuova legge elettorale che privilegi la scelta delle persone che si eleggono e la loro rappresentatività e tuteli il bipolarismo e la governabilità, in un rapporto costante con gli elettori. Non ci dobbiamo preoccupare di avere astrattamente ragione, né di essere moralisti. Il nostro impegno deve rivolgersi a chi, giovane in difficoltà, non capisce cosa faccia il Pd per lui. A chi, giovane professionista, si trova a confrontarsi con gli studi di settore, e non capisce. A chi perde il lavoro a cinquant’anni e non è aiutato da un sistema di formazione e reinserimento professionale. A chi, imprenditore di se stesso, si trova l’Irap da pagare, anche se non ha dipendenti. A chi, dipendente, si chiede perché le tasse le paghi solo lui e perché non possa detrarre le proprie spese, costringendo anche gli altri, che non se ne curano, a pagarle. E vale la pena di ricordare che quello fiscale è un patto senza il quale non c’è cittadinanza. Se non riusciamo a spiegarci, non abbiamo ragione. Abbiamo torto. E dobbiamo smettere di pensare a una nostra superiorità, perché la superiorità c’è solo se è condivisa e se ha il consenso necessario per fare le cose. Se non riusciamo a spiegarci, siamo peggio, non meglio dei nostri avversari. E portiamo la responsabilità di vedere accadere cose sbagliate, senza poter fare nulla per contrastarle. Desideriamo accompagnare il nostro paese verso standard europei. E dopo aver portato l’Italia in Europa, come fece quell’indimenticabile governo, fare entrare l’Europa in Italia, come pretendiamo faccia il prossimo governo democratico, per le donne, per i giovani, per le coppie, per i progetti di vita di ciascuno di noi. Desideriamo accompagnare il nostro paese verso il 2010, non portare le lancette dell’orologio indietro di un secolo, per quanto riguarda i diritti dei lavoratori, le donne (ancora una volta), la possibilità di progredire dal punto di vista sociale e culturale. Desideriamo un Pd che dica no al nucleare, perché ha un piano energetico alternativo, credibile e sostenibile. Desideriamo un Pd che abbia pronta una legge sulle unioni civili, sul divorzio breve e su altre questioni che riguardano la vita delle persone. La loro vita. Non le nostre opinioni. Desideriamo un Paese che si prenda cura della crisi, che non la banalizzi, che la prenda sul serio, come sono costrette a fare, ogni mattina, le persone normali. È insultante quello che è successo in Italia. Si è intervenuto troppo poco, troppo tardi e molto male. E il Pd deve denunciarlo e correre ai ripari, con una politica industriale che manca a questo Paese, con la capacità di indicare le strade dell’innovazione e della crescita, senza sprecare i soldi, spesso tra l’altro soltanto promessi. Provate a chiedere a un imprenditore quanti finanziamenti gli siano pervenuti in questi mesi e quale aiuto abbia trovato nella politica italiana. Vorremmo che i precari si sentissero rappresentati dal Pd. E che il Pd fosse meno precario sulle questioni del mercato del lavoro, con una proposta chiara di riforma degli ammortizzatori sociali, del contratto unico e del sostegno a chi perde il lavoro. «Lavoratori, unitevi!» era uno slogan antico, che va in qualche modo ripreso. Desideriamo una politica che faccia questo, e che denunci tutto il resto, come inutile e dannoso. Per questo, la nostra non è una piattaforma statica, ma qualcosa da costruire insieme. Il nostro viaggio è appena iniziato. Un congresso che ci deve fondare e dare un profilo chiaro. Farci lavorare con passione per i prossimi anni. Perché il congresso è il primo passo, non dimentichiamolo mai, una lunga gestazione a cui vogliamo partecipare con cura e rispetto dei concorrenti, senza paura di sollecitarli e di confrontarci nel famoso merito delle questioni. Che, se ci pensate, merito è proprio una bella parola. Siamo con Marino e sotto Marino: sottomarini. Una rete di persone che intende muoversi in profondità nei problemi del paese e nella perlustrazione del territorio, ma che è soprattutto affezionata al periscopio, alla possibilità di guardarsi intorno, curiosa di capire cosa succede nelle metropoli, e nelle tante piccole e medie comunità del nostro Paese. Un riformismo irrequieto e aperto, che cerca soluzioni, che non dà nulla per scontato, che esplora l’inesplorato. Sottomarini, di colore giallo, perché non si sa mai come vanno a finire i congressi. Sottomarini, capaci di emergere in superficie e di parlare a nome del Pd. Attraverso il Paese. Non vogliamo il partito del Nord, e nemmeno quello del Sud. Ma un progetto per il Nord e per il Sud sì, e ci impegniamo a presentarlo nelle prossime settimane. Per descrivere quello che può essere un partito federale e autonomo, prima che il Pd in certe zone del Paese scompaia del tutto. Immaginiamo una rotta nuova, forse. Certamente qualcosa di diverso. Diverso dal solito, da quello che abbiamo sempre visto. Siamo partiti in tempi non sospetti da Milano con una Carovana, abbiamo raggiunto ogni confine, discusso a Piombino, convocato tutti al Lingotto, a due anni dal momento in cui la storia del Pd è iniziata. Un appuntamento in cui abbiamo ospitato tutti e tre i concorrenti principali di questo Congresso. Nel caso di Marino, ante litteram (ante candidaturam?). Mancavano solo Adinolfi e Nicolini che salutiamo affettuosamente. E questo viaggio ci ha portato a Negrar, nel profondo Nord, sul luogo di lavoro di una personalità che ci sembrava rispondere al profilo che cercavamo. A noi non interessano i posti, a noi piacciono le proposte. E ne abbiamo incontrate parecchie, nei circoli, nelle feste, nelle strade, nelle piazze, nei capannoni e nelle fabbriche del paese. E abbiamo voluto lavorare con una vasta rete e in pochi giorni siamo riusciti ad attivare tanti cittadini che sono diventati, in pochi giorni, nuovi democratici. Tutte le persone che hanno voluto raccogliere questa sfida: le voglio ringraziare. A loro è dedicato il nostro progetto, a loro è dedicata la nostra mozione, che è frutto del lavoro corale di decine di persone e che sarà anche un progetto wiki, in una elaborazione progressiva che proseguirà nei prossimi mesi. Che si arricchirà di contenuti, in coerenza con le linee politiche generali che abbiamo voluto indicare. E all’insegna di uno stile diverso che non vogliamo perdere, perché le cose che diciamo, ci piace anche farle in prima persona. Perché noi amiamo il coinvolgimento, non ci piace il sinedrio, e perché la coscienza, lasciatemelo dire, ce l’abbiamo anche noi, non solo i parlamentari. Perché a noi, oltre alla libertà, piace l’unità. Quella che si raggiunge con il dibattito, con il confronto vero, non con le polemiche da agenzia di stampa. Perché in questo partito si è litigato tanto, a lungo, e si è discusso molto poco, e per la verità si è fatto anche fatica a trovare le sedi dove discutere. Come la leggerezza per essere tale deve risolvere la complessità, così l’unità non nega il dibattito. Anzi, lo promuove ogni volta che può. E, in questo schema, desidero un partito unitario. Un partito che sa creare relazioni. Che unisce i territori proprio perché ne promuove l’autonomia, che collega Nord e Sud superando i luoghi comuni, che invita le generazioni a un confronto, che sa valutare l’importanza del ricambio e della maturità. Che dà un’idea di una comunità di persone, che lavorano allo stesso obiettivo, dopo essersi chiarite per bene quale è la strada da prendere. Sarà un percorso di lungo periodo, ben oltre il 25 ottobre, attraverso le Regionali, verso il 2013. Del resto, il nostro ritardo non è solo elettorale, è politico. Anzi, è culturale. Non dimentichiamolo. Il viaggio sarà lungo. Se lo faremo insieme, ci sentiremo più forti e raggiungeremo quella città che oggi intravediamo soltanto e che abbiamo voluto chiamare Partito democratico. Buon viaggio, allora.

mercoledì 22 luglio 2009

Tu chiamale, se vuoi, e-mozioni

di Mattia Carzaniga

Negli ultimi giorni, in tanti si sono iscritti al Pd. Insolazioni, direte. Colpi di testa. Di tessera. Mancano poche ore. Passate queste, solo chi sarà iscritto potrà indicare il futuro segretario. Segno che, quando le cose si muovono (o almeno così sembra), una speranzosa risposta arriva. Tanta gente mi dimostra che c’è. Ognuno con la sua opinione, come alla vigilia dei Mondiali di calcio. C’è quello che dà la squadra Franceschini vincitrice sicura. Quello che «Bersani è rimasto all’Ulivo del ‘96» e quello che «Bersani è emiliano, è il più simpatico» (non è che c’è troppa simpatia in giro?); e quell’altro che si esalta per la terza via, nelle mani (e nei bisturi) del Dr. Ignazio Marino. Tu, chiamale, se vuoi, e-mozioni. Io, chiunque ciascuno decida di appoggiare e qualunque cosa accadrà, mi auguro solo una cosa: che il Pd-che-verrà non si dimentichi di queste persone. Le cose vanno più o meno così: nel partito si preparano gli assetti futuri (ovviamente bisticciando); la stampa strilla i suoi titoloni; l’elettore addormentato vede che qualcosa succede e si risveglia. È un loop giornalistico-politichese inevitabile, anche se non fa troppo bene. Ma quelli che si iscrivono oggi ci credono davvero. E sono (anche) quelli che domani chiederanno al loro partito, che so, una politica chiara sul lavoro, la possibilità di accedere più facilmente a un mutuo o a un affitto, una migliore qualità dell’ambiente in cui vivono, la tutela dei loro diritti, la detassasazione dell’Iva o gli ammortizzatori sociali. Cose quotidiane da cui – detta alla Alberoni (c’è ancora, sul Corriere del lunedì?) – partono le emozioni. Le mozioni, da sole, non bastano.

sabato 4 luglio 2009

Io ci sono!

E' arrivato il momento. Siamo in molti, moltissimi.
Sogniamo un'Italia diversa,
crediamo nella cultura del merito, nella laicità della Stato, nella solidarietà, nel rispetto delle regole,
nei diritti uguali per tutti,
vogliamo liberare le energie migliori di questo paese e creare una squadra di persone che diano
voce, forza, concretezza alle nostre idee.
Siamo decisi a contrastare democraticamente chi governa l'Italia in maniera ottusa e maldestra:
per un Paese curato, sicuro, sereno, moderno
per un Paese che conti, in cui si faccia strada il coraggio, la capacità, la speranza
per un lavoro con un salario degno che valorizzi ogni individuo
per una scuola come principale strumento per la formazione e l'integrazione dei nostri figli
per uno sviluppo economico, responsabile, che rispetti l'ambiente
Vogliamo che ognuno possa costruire con fiducia il futuro, realizzare il proprio sogno e vogliamo
essere liberi di scegliere.
Non sono slogan, sono i valori in cui crediamo e che ci uniscono. Ma affinché questi valori
diventino azioni positive, ognuno di noi deve fare un passo avanti e assumersi un impegno.

IO CI SONO

Sono pronto a fare il primo passo per assumermi la responsabilità di dare voce e concretezza a ciò
in cui crediamo. Sulla stessa strada siamo in tanti, a partire da un gruppo di democratici liberi nello
spirito e visionari, che hanno scelto di impegnarsi e condividere la sfida.
Non siamo spinti né sostenuti da correnti, siamo un ruscello ma possiamo diventare un fiume se
ognuno di noi è disposto a contribuire con la propria goccia d'acqua.
Il fiume deve scorrere dentro gli argini e ogni persona per contare si deve iscrivere al Partito
Democratico e partecipare con il proprio voto alla fase congressuale, per scegliere il candidato.
Facciamoci vedere. Facciamo sentire quanto è forte la nostra voglia di cambiare.
Entro l'11 luglio iscriviamoci tutti al PD.
E tra una settimana, se saremo in tanti, il fiume seguirà un nuovo corso.
Di speranza e fiducia.

Ignazio Marino